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Uneba Veneto – Altri interventi al convegno sul Mapo

Dopo aver presentato in questa precedente notizia una sintesi dei risultati del convegno svoltosi il 31 ottobre a Padova “Il Mapo nelle Rsa – evoluzione, percorsi, applicazione” organizzato da Fondazione Oic e Uneba Veneto, proponiamo una sintesi di alcuni spunti dei tanti interventi, da diverse prospettive, che hanno scandito la mattinata.

Franco Sarto, direttore dello Spisal di Padova, ha portato alcuni dati: dal 2000 al 2006 tra i lavoratori del settore della sanità in Veneto si sono verificati 14541 infortuni e 483 malattie professionali: di queste, 80 sono di tipo muscolo scheletrico, e quindi possibilmente connesse con la movimentazione manuale dei pazienti. In merito, il nuovo testo unico sulla sicurezza (d.lgs. 81/08) introduce una novità, la menzione della tutela del lavoratore dal “sovraccarico biomeccanico”.

Paolo Bastini, primario dell’Inail di Padova, ha ricordato che il metodo Mapo è stato adottato dall’Inail come strumento ufficiale per la definizione di malattie professionali: il riferimento, in modo particolare, è alle “istruzioni per la trattazione di patologie da sovraccarico biomeccanico del rachide” contenute nella circolare Inail 25/04. “I nostri dati – ha detto Bastini – ci confermano che l’applicazione di sistemi come il Mapo è utile elemento di valutazione medico legale, efficace mezzo prevenzionale, e insostituibile percorso per il miglioramento della qualità del lavoro degli operatori nel settore socio sanitario”.

In un intervento videoregistrato Giuseppe De Rosa, giudice del Tribunale di Padova, ha messo in luce alcune conseguenze del diffondersi nei mass media di racconti di casi di (presunta) “malasanità”. “Si verifica un irrigidimento dell’attività sanitaria, che rischia di diventare solo tecnica e burocratica. E anche la struttura di cura, (preoccupata per le gravi conseguenze economiche di casi di “malasanità”) spesso induce i suoi dipendenti a comportamenti rigidi, ma controproducenti. Se la sicurezza si riduce alla pedissequa osservanza di norme tecniche, ciò puo’ avere un impatto distruttivo sul rapporto umano tra chi assiste e chi è assistito”.

Ad Olga Menoni della Fondazione Irccs del Policlinico di Milano è toccata la presentazione de “L’origine del Mapo e i suoi risultati in termini scientifici”. “La logica che sta alla base del Mapo è che la semplice presenza di pazienti non autosufficienti determina un livello di rischio della movimentazione”, ha spiegato Menoni. Altri fattori che influiscono sul livello di rischio sono il numero e la formazione degli operatori, e l’ambiente di lavoro, in particolare numero e qualità delle attrezzature (ausili) sono a disposizione. Quel che serve, ha insistito Menoni, non è la semplice valutazione del rischio come da dettami di legge, ma una strategia preventiva, mirata anche alla bonifica dei fattori di rischio.

Sull’applicazione e sperimentazione del metodo Mapo all’Oic sono intervenute Chiara Rigoni, responsabile del servizio di prevenzione e protezione; Patrizia Mazzaglia, coordinatrice della sorveglianza sanitaria; e Chiara Cavazzini, responsabile della formazione.

Rigoni ha illustrato la strategia complessiva seguita dall’Oic in materia di infortuni. Primo passo è stata l’analisi degli infortuni, ricreandone la dinamica e soprattutto creando un database degli infortuni verificatisi. “Dall’analisi degli infortuni sono emerse tre necessità- ha spiegato Rigoni-. Di uno strumento unico e oggettivo per le azioni di movimentazione, cioè la scheda di mobilità; di una formazione incentrata su alcune specifiche azioni di movimentazione; di una scelta degli ausili orientata”.

Cavazzini ha presentato il processo seguito all’Oic per i corsi di formazione sulla movimentazione manuale, che hanno coinvolto fisioterapisti, infermieri e operatori socio sanitari. L’obbiettivo è creare pacchetti formativi facilmente aggiornabili. “E a mio giudizio- chiosa Cavazzini- questo si può ottenere attraverso la formazione multimediale”.

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