Nel nostro ordinamento vige il generale principio secondo cui i genitori hanno il dovere di educare i propri figli e vigilare sulle loro azioni (articoli 147 e 148 del Codice civile). La violazione di tale doveri determina una fonte di responsabilità dei genitori per l’eventuale danno che il figlio, a causa della sua non corretta (o mala) educazione ha provocato a terzi (responsabilità ex articolo 2048 Codice civile).
Il dovere di educare e vigilare per i genitori separati
A fronte di questo fondamentale principio la Cassazione più volte è intervenuta cercando di adattare tale principio alle esigenze della società odierna. Anzitutto ha considerato che ad oggi di frequente la famiglia si divide, per cui spesso il figlio cresce più a stretto contatto con il genitore convivente che non con l’altro.
In tali circostanze, pertanto, più volte i giudici di Cassazione hanno ritenuto doveroso valutare caso per caso l’effettiva possibilità per i genitori separati, o meglio per il genitore che non vive a stretto contatto con il figlio, di adempiere al suo dovere di educatore.
Tali circostanze ovviamente vanno a ridimensionare la responsabilità del genitore, ma di certo non la escludono completamente. Perché il dovere di educare e vigilare permane anche là dove i contatti con il figlio sono ridotti; la negligenza o noncuranza del genitore verso il proprio figlio viene sempre considerata fonte di responsabilità.
Il dovere di educare e vigilare quando il figlio è ormai grande
Altro aspetto che la Corte ha più volte valutato (e su cui anche di recente si è espressa, vedi Cassazione Civile, Sezione III, 22 aprile 2009, n. 9556) riguarda la responsabilità dei genitori di figli che oramai hanno raggiunto una certa autosufficienza, e che sono prossimi alla maggiore età, così che la loro educazione e la vigilanza su di loro risulta più difficile. Frequente, per esempio, è il caso del minore che, tenendo un comportamento sconsiderato con il motorino, provoca un incidente e danneggia cose o persone.
In tale circostanza immediata è la reazione del genitore che afferma di non poter seguire tutto il giorno il proprio figlio. Egli, infatti, anche se non è ancora maggiorenne, oramai è piuttosto autonomo, ed il genitore non è più in grado di sorvegliarlo costantemente (frequente è la frase: “quando è fuori con i suoi amici non posso sapere che cosa fa”).
In simili circostanze i giudici di Cassazione convengono con il genitore che afferma la sua limitata capacità di azione in considerazione dell’età raggiunta dal figlio, questo soprattutto in relazione alla cosiddetta “culpa in vigliando”. Ma ciònonostante, affermano i giudici, il dovere di educare i figli permane costantemente. Ed inoltre la responsabilità per culpa in educando, in relazione a comportamenti scorretti del figlio prossimo alla maggiore età, può essere ravvisata per la mancata educazione al figlio negli anni della crescita. Insomma: se oggi si comporta così è perché in passato è mancata una corretta educazione
Vedi quanto scritto nella sopracitata sentenza 9556: “(…) Né, tanto meno, assurge a rilievo il fatto che il figlio fosse quasi diciottenne al momento del sinistro, in quanto l’art. 2048 c.c., comma 1, si riferisce al figlio comunque minorenne verso il quale i doveri di cui all’art. 147 c.c., sono di natura inderogabile e finalizzati a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di costante opera educativa, onde realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito Peraltro, lo stato di (im)maturità, il temperamento e l’educazione del minore (…) possono desumersi anche dalle modalità del fatto, ed è pacifico che il figlio non indossava il casco, aveva una certa dimestichezza con i veicoli, pur essendo minorenne”
La mancata educazione, pertanto, può essere fonte di responsabilità del genitore per un danno provocato dal figlio minore, anche se prossimo alla maggiore età.
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