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Napoli – Il terzo settore muore, abbandonato come un senza tetto

Il terzo settore a Napoli sta morendo. E sta morendo nell’indifferenza delle istituzioni, come è morto nell’indifferenza dei passanti il senzatetto trovato a fine gennario in Galleria Umberto, pieno centro città, solo, abbandonato, senza vita.

E’ l’amarissimo paragone, è l’amarissimo grido di dolore lanciato da don Mario Delpiano, direttore del Don Bosco di Napoli, ente associato Uneba, gestito dai Salesiani, che si dedica alla formazione professionale e all’inserimento nel mondo del lavoro.

Un grido ancora più amaro perché lanciato proprio il 31 gennaio, giorno in cui si ricorda San Giovanni Bosco e la sua vita spesa a dare un futuro e una speranza ai giovani.

“Sono costretto – scrive il direttore del Don Bosco – alla presa di coscienza di una situazione disastrosa, non solo sul piano economico, ma soprattutto sul piano delle scelte politiche. Mi trovo di fronte un’amministrazione sorda e cieca al grido di dolore dei suoi figli più deboli. (…) E ciò senza che la stessa società civile, e più ancora le Istituzioni, le rappresentanze dei cittadini, i partiti, se ne rendano conto.  (…) Oggi, festa annuale del suo Santo fondatore, il “Don Bosco” sta morendo. Ma i continuatori della mission, coloro che hanno accettato la scommessa sui giovani come luogo di rinascita della società, sono vivi, eccome! Auguro a me e a tutta la città di riposizionare l’attenzione al bene comune nella difesa dei diritti di chi non ha voce, per costruire una società più giusta e una città a misura d’uomo”.

Potete leggere qui di seguito il testo integrale della lettera di Delpiano.

S.O.S: Il “DON BOSCO” della Doganella muore come il senzatetto della galleria

Speravo davvero che tra una riunione e l’altra, tra un tavolo tecnico e l’altro, tra una manifestazione e l’altra, il Sindaco della grande, bella e tragica, città di Napoli si degnasse di incontrare e ascoltare le voci disperate dei rappresentanti di enti, associazioni, cooperative, istituti religiosi che, proprio come il senzatetto morto qualche giorno fa tra l’indifferenza dei passanti sotto la galleria, stanno chiudendo, uno dopo l’altro, il loro servizio verso gli ultimi e i più bisognosi della città, tra la completa indifferenza delle istituzioni, malgrado le grandi affermazioni di principio e le rivoluzioni civili.

Anche il sottoscritto, da calabrese d’adozione, aveva gioito quando il dott. De Magistris, dopo che aveva aperto gli armadi e fatto affiorare gli scheletri del sistema politico-massonico-‘ndranghetista, aveva scelto con coraggio di spendersi nell’impegno civile e politico in una città sommersa dall’immondizia e gestita per decenni dai poteri clientelari di turno. Aveva “regalato” a me e a tanti come me, la possibilità di cambiamento.

Oggi, che vivo a Napoli con la responsabilità di condurre ed animare un Ente non profit che svolge da decenni un servizio educativo di prevenzione primaria e secondaria verso le nuove generazioni, ottenendo riconoscimenti e consenso da ogni fronte di impegno della città: il glorioso “don Bosco di Napoli.

Convinto che l’attenzione al welfare sociale fosse un capitolo prioritario delle politiche comunali, sono costretto alla presa di coscienza di una situazione disastrosa, non solo sul piano economico, ma soprattutto sul piano delle scelte politiche. Mi trovo di fronte un’amministrazione sorda e cieca al grido di dolore dei suoi figli più deboli.

Di fronte alla città dei grandi eventi, della pista ciclabile, del mito dell’apparire più che dell’essere, il welfare, punto di forza della “rivoluzione arancione” è ormai scaricato alla buona volontà e al senso civico della tante istituzioni del terzo settore, che, con professionalità e senso del dovere, continuano ad assicurare accoglienza, educazione, prevenzione e promozione dei ragazzi e ragazze assegnati dai Servizi Sociali, dalle famiglie in difficoltà.

E tutto ciò avviene tra le impossibili condizioni in cui l’Amministrazione Pubblica ci ha lasciati: stipendi a singhiozzo per i dipendenti e collaboratori, operatori dell’Educativa in attesa di essere retribuiti a progetto finito, fatture di utenze e di fornitori ‘cassettate’, in attesa di liquidità, nonostante l’ente da me guidato vanti un credito nei confronti del Comune di Napoli che supera il milione di euro.

E poi vivere lo spasmodico inseguimento dei Durc, l’ossessione di non cadere nel circolo vizioso: “Non sono in regola perché il Comune non mi paga da anni, e pertanto, non essendo in regola, il Comune non può pagare”. E se poi ti rimetti in regola col Durc, stai tranquillo che il Comune non paga lo stesso!

E’ arrivato davvero il capolinea per tutti! Anche per il Sindaco? Per noi quasi certamente.

Lo Stato muore per governo e mal governo, e con sé trascina i cittadini che dovrebbe servire! Il modo di gestire il “welfare” produce “malessere” tra i cittadini. Facendo memoria al famoso piano Beveridge: “Dalla culla alla bara!” , qui, signor sindaco, “Siamo direttamente nella bara”!

E ciò senza che la stessa società civile, e più ancora le Istituzioni, le rappresentanze dei cittadini, i partiti, assordati dai proclami autoreferenziali, e immunizzati dalla tossicità di una campagna elettorale assurda, se ne rendano conto.

Questa città non ha più bisogno di parole e proclami, ma di atti concreti, di una politica che, per dirla con don Milani, sia un modo per uscire insieme dai problemi.

Oggi, festa annuale del suo Santo fondatore, il “Don Bosco” sta morendo.

Ma i continuatori della mission, coloro che hanno accettato la scommessa sui giovani come luogo di rinascita della società, sono vivi, eccome!

Auguro a me e a tutta la città di riposizionare l’attenzione al bene comune nella difesa dei diritti di chi non ha voce, per costruire una società più giusta e una città a misura d’uomo.

Mi auguro che la politica ritrovi la sua verità nel porsi esclusivamente come “servizio” per il bene della collettività, e per questo a partire da una attenzione privilegiata verso gli ultimi.

E questo non con le parole, solo con i fatti.

Come don Bosco vogliamo continuare a credere e a sognare per questi ragazzi la costruzione di una “nuova cittadinanza”, che sappia riconoscere nell’educazione la via più efficace del cambiamento; sì, essa è la via, unica e stretta, di una “vera rivoluzione”.

Don Mario Delpiano (Direttore del Don Bosco di Napoli)

CHE COS’E IL CENTRO DON BOSCO

Il Don Bosco di Napoli per decenni ha accompagnato centinaia di giovani sulle soglie dell’inserimento lavorativo con una qualificazione professionale all’altezza dei tempi, concentrando il suo sforzo e la sua azione educativa e preventiva verso i minori fortemente a rischio, perché negati nel loro diritto ad una famiglia normale, privati della presenza sicurizzante di entrambi i genitori, esposti ai percorsi della devianza, potenziale manovalanza della camorra e dei professionisti dell’illegalità.

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