Su segnalazione di Orazio Lietti di Uneba Lombardia condividiamo con i lettori di www.uneba.org, qui sotto, un articolo pubblicato il 15 giugno dal Sole 24 Ore Lombardia a firma di Silvia Sperandio.
Nell’approfondimento si evidenzia che molte case di riposo della Lombardia registrano deficit di bilancio, e per colmarlo sono costrette a vendere il patrimonio immobiliare.
Siamo sull’orlo del crinale, cioè del commissariamento, spiega alla giornalista il vicepresidente di Uneba Lombardia Luca Degani, che rileva che nelle rsa non profit le rette aumentano in media del 2% all’anno.
Mentre Marco Petrillo, presidente di Uneba Varese, evidenzia le cause della difficoltà di bilancio: l’alto peso del costo del lavoro, ma pure la carenza di cultura manageriale.
(Dal Sole 24 Ore del 15 giugno)
BILANCI IN ROSSO NELLE CASE DI RIPOSO
Le rsa costrette a vendere i beni immobiliari – Rette in ascesa mentre sale la morosità
Profondo rosso. E il colore che accomuna i bilanci di molte case di riposo della Lombardia, oggi costrette a vendere il patrimonio immobiliare per far fronte al deficit. L’allarme, confermato dagli stessi operatori, arriva dall’Osservatorio settoriale sulle Rsa dell’università Liuc di Castellanza, in provincia di Varese, che mette sotto i riflettori un’ottantina di strutture, circa il 20% dei posti letto della Lombardia. «Le difficoltà interessano una buona parte del nostro campione – dichiara il direttore dell’osservatorio Liuc, Antonio Sebastiano -, e il quadro generale non sembra migliorare. Nelle situazioni più gravi il disavanzo arriva fino a un terzo del fatturato. In questi casi la salvezza sta nel fatto che si tratta di strutture fortemente patrimonializzate e quindi in grado di ripianare il deficit con le dismissioni del capitale investito o degli immobili».
La situazione «sta precipitando e siamo ormai sul crinale», secondo Luca Degani, vice presidente dell’associazione Uneba che in Lombardia rappresenta 275 realtà per anziani e disabili. «Per ora – dichiara – non si è arrivati al commissariamento, ma solo perché molti hanno ceduto parte del patrimonio». A Milano, su circa 140 strutture, una su quattro ha venduto i suoi beni: e la stragrande maggioranza ha il bilancio in passivo.
LA GALASSIA DELLE RSA
Ma vediamo qualche cifra. È una folta galassia quella delle residenze sanitarie assistenziali lombarde che, in Italia, è in assoluto la più numerosa. Sono infatti 648 le Rsa della regione, per un totale di 57.500 posti letto e un giro d’affari annuo decisamente importante, che supera i 2 miliardi di euro. Tanto per avere un’idea, si tratta di un volume giornaliero di oltre 5 milioni e 750mila euro. Si calcola infatti un costo medio di circa 100 euro al giorno per ogni anziano ospite, ripartito in una quota sanitaria a carico della regione e in una retta a carico delle famiglie, con il sostegno dei comuni nelle situazioni di indigenza.
L’universo delle Rsa è costituito soprattutto da strutture private accreditate dalla regione che sostiene la spesa per la quota sanitaria con circa 850 milioni di euro l’anno. Il panorama è variegato: nella maggior parte si tratta di ex Ipab (istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza), ossia enti di ispirazione religiosa poi divenuti fondazioni di diritto privato oppure – in percentuale molto minore – realtà pubbliche come le Asp (aziende per i servizi alla persona). È il caso del Pio Albergo Trivulzio di Milano, anch’esso costretto a vendere i gioielli di famiglia (come l’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, un ex Ipab che ha circa 80 milioni di fatturato).
Accanto, troviamo una piccola schiera di enti religiosi e poche cooperative.
Ci sono infine realtà appartenenti al privato profit, come Cos Anni Azzurri, che fa capo al gruppo De Benedetti, o Segesta, acquisito quattro anni fa dal gruppo francese della sanità Korian.
«Questa situazione è andata peggiorando nel tempo e oggi rischia di implodere – spiega Marco Petrillo, commercialista e docente del master in management dell’università Liuc -. In generale, le perdite rilevate dalla Liuc si attestano intorno al 5 per cento».
Quali sono le cause? «In primis l’alto costo del lavoro che sfiora l’80% del fatturato, a fronte di bassi margini di guadagno – spiega Petrillo -, considerando che molte realtà sono non profit. In media, il personale socio sanitario costituisce circa il 65-70% del bilancio complessivo e il resto è rappresentato da personale generico per pulizie, cucina o lavanderia».
«In molti casi, poi, manca una vera cultura manageriale – sottolinea il docente -. Per questo oggi la regione punta a imporre il controllo di gestione, peraltro già previsto, obbligando queste strutture a un budget preventivo, controlli del consuntivo e correzioni di eventuali anomalie».
ALLARME PER IL CARO RETTE
Del resto, in una Lombardia che oggi conta 928 mila over 75, con un incremento annuale di 30 mila unità, una delle strade imboccate dal Pirellone è stata quella di garantire un alto numero di Rsa. «Il problema è che queste strutture si trovano ad ospitare persone sempre più anziane e affette da gravi patologie croniche -dice Giacomo Bazzoni, responsabile welfare dell’Anci -. Questo comporta una lievitazione dei costi e, di conseguenza, delle rette, con inevitabili riflessi sulle famiglie e sui comuni chiamati a contribuire nei casi di indigenza. La responsabilità è soprattutto dello Stato, visto che per il 2012 ha tagliato le risorse per il sociale».
Anche le rette, dunque, sono destinate ad aumentare. Per ora le cifre si attestano sui 70-100 euro al giorno nelle case di cura di Milano, la realtà più cara, mentre in altre aree, soprattutto nel Cremonese, i costi sono decisamente più bassi. «Le rette sono salite in media del 2% ogni anno – conferma Luca Degani, dell’Uneba –, ma questo dato riguarda solo le strutture non profit che tendono ad adottare altre strategie di rilancio: oggi vince soprattutto chi riesce a diversificare le attività, gestendo centri diurni per anziani e collaborando con i comuni per l’assistenza domiciliare integrata». Molti, inoltre, fanno ricorso all‘outsourcing, rivolgendosi a cooperative sia per l’assistenza che per mansioni generiche come lavanderia e pulizie.
IL FATTORE FAMIGLIA
Intanto, è in aumento il fenomeno della morosità. Sempre più anziani, faticano a pagare la retta e chiedono aiuto ai comuni. A questo proposito, esiste una proposta di legge regionale che prevede la «partecipazione» dei familiari al pagamento delle rette: il progetto è ora bipartisan, dopo un lungo lavoro comune, ma per ora il Pdl resta fermo in commissione regionale sanità. «In questo momento è tutto bloccato a causa delle forti perplessità della Lega – dichiara Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd -. Intanto, abbiamo appena depositato un progetto di legge per l’implementazione del fondo regionale per la non autosufficienza, anche attraverso il trasferimento di risorse dalla sanità verso il sociale: si tratterebbe di una potenziale riserva anche per gli anziani». «Per il futuro – conclude Borghetti – dobbiamo chiederci se non sia il caso di agganciare le rette delle Rsa al reddito degli anziani ospitati, anche attraverso il “fattore famiglia”, ovvero un nuovo criterio che tenga conto del carico familiare, considerando ad esempio il numero di figli o la presenza di disabili.
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