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Gestione del rischio: creare buone pratiche condivise tra le strutture sociosanitarie

Uneba Veneto creerà un gruppo di studio sul tema della Legge Gelli  (legge 24 2017) e della gestione del rischio.

Lo ha annunciato il presidente Uneba Veneto Francesco Facci  (nella foto sotto) in apertura del convegno “L’impatto della legge 24/2017 ‘Legge Gelli’ sulle strutture sociosanitarie” ospitato il 3 dicembre 2019 dal Civitas Vitae Angelo Ferro di Padova (Fondazione Opera Immacolata Concezione Onlus), organizzato congiuntamente da Ansdipp con Uneba Veneto e Uripa.

Tra gli obbiettivi del nuovo gruppo di studio, ha evidenziato Facci, un confronto sul tema delle procedure condivise, sulla restituzione del dato e in generale sull’attività di ricognizione. Per arrivare pronti alle nuove tappe del cambiamento in atto.
Con Uneba Veneto, Uripa ed Ansdipp trovano rappresentanza la stragrande maggioranza delle strutture sociosanitarie pubbliche o private non profit in Veneto. Costruendo e condividendo, tutti assieme, un patrimonio di procedure e di buone pratiche per la gestione del rischio, sarà più facile a tutti gli enti, in caso di contestazione, beneficiare di quanto prevede la legge Gelli. Questa infatti, come ha rilevato nel suo intervento il giudice Carlo Nordio, esclude la punibilità per un reato colposo dovuto all’imperizia solo se vengono rispettate le linee guida o le buone pratiche.

Sullo stesso tema ha ricordato Nordio, si è pronunciata la Cassazione a sezioni unite nella sentenza 8770 del 22 febbraio 2018 .

L’avvocato Lorenzo Locatelli, secondo relatore al convegno, ha evidenziato la differenza tra la sede penale e quella civile. In sede penale, il medico o l’operatore sanitario sono condannati solo se se il processo riesce ad arrivare alla ragionevole certezza che senza l’errore il paziente (ad esempio) si sarebbe salvato.

In sede civile, invece, se si dimostra che “più probabilmente che non” senza l’errore il paziente si sarebbe salvato (o non avrebbe avuto quel danno), allora la struttura e l’operatore sanitario ne rispondono.

E’ per questo che pochissimi sono i sanitari condannati in sede penale e ancora meno quelli che per questo finiscono in prigione, ma molto diversa è la situazione per le condanne civili di risarcimento danni. Per lo stesso identico caso si può essere assolti in sede penale e condannati in sede civile.
Inoltre, ha notato Locatelli, se in precedenza un’ente dopo avere risposto di un errore fatto da un dipendente (e pagato il risarcimento) poi poteva fare azione di rivalsa anche per il 100% della somma pagata, ora la Cassazione ha dato un indirizzo giurisprudenziale diverso. Con la sentenza 28987 del 11.11.19, una delle molte pubblicate in quel giorno sul tema della responsabilità sanitaria, ha infatti affermato l’applicazione della norma presuntiva di paritetica responsabilità: la struttura, salvo prova contraria, è corresponsabile con il dipendente.
“Non è vero che ‘con la Gelli il medico è tranquillo’”, ha aggiunto Locatelli, citando esperienze personali di azioni di risarcimento danni condotte sia contro il medico che contro la struttura, o anche solo contro il medico e non contro la struttura.
“L’unica soluzione è avere un buona assicurazione”, ha detto Locatelli in chiusura di intervento.

“Non posso evitare che il medico sbagli, questo può accadere- ha aggiunto-; ma posso evitare effetti pregiudizievoli sul mio patrimonio a seguito dell’errore”.

Di fronte al gran numero di richieste di risarcimento che gli enti ricevono, ha ipotizzato il presidente Uneba Veneto Facci, si potrebbe perfino arrivare all’autoassicurazione. Cioè passare dalla stipula di contratti di copertura del rischio con compagnie assicurative a un accantonamento di fondi da parte dell’ente stesso a copertura di eventi dannosi, che si prevede possano verificarsi.
Come ha notato Locatelli, però, l’autoassicurazione deve comprendere, oltre all’impegno a far fronte al costo da sostenere, anche l’impegno a gestire la richiesta di danno, ad esempio verificare le responsabilità e trattare con la controparte.
Applicare la legge Gelli nelle strutture sociosanitarie: mi tocca o conviene? Questa la provocazione con cui ha aperto il suo intervento Fabio Zappin, (nella foto) responsabile della qualità per la Ulss 8 Berica. Ha poi presentato alcune indicazioni su come applicare la legge e su come una struttura sociosanitaria può gestire il rischio clinico attraverso le sue slide.

Ma la modifica delle procedure, e la modifica della mentalità, sono un mezzo non un fine, ha ripetuto Zappin. Il fine è la buona gestione.
Nel saluto inviato ai convegnisti, il presidente di Uripa Roberto Volpe ha espresso la sua critica all’articolo 7 comma 1 della Legge Gelli, che stabilisce che la responsabilità della struttura sociosanitaria per le condotte dolose o colpose dell’opera di esercenti la professione sanitaria (di cui l’ente si avvale nell’adempimento della propria missione), anche se non dipendenti dell’ente o se scelti dal paziente.

A moderare il convegno Eddi Frezza, presidente di Ansdipp Veneto.

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