La via crucis del 5 per mille aggiunge una nuova stazione.
Nella legge di stabilità appena licenziata dalla Camera, infatti, il 5 per mille è stato reinserito nel maxiemendamento ma ridotto ad un quarto, cioè ad un tetto di 100 milioni di euro.
La vita del 5 per mille è sempre stata travagliata:a fronte di una buona accoglienza da parte degli operatori del non profit, ma anche e soprattutto dei contribuenti che si sono dimostrati sensibili e attenti in dichiarazione dei redditi, siamo ancora lontani da avere un meccanismo stabile e trasparente.
Trascuriamo per il momento i decreti attuativi che di anno in anno stabiliscono all’ultimo momento la procedura di accreditamento degli enti che intendono partecipare alla ripartizione dei fondi del 5 per mille.
La norma sul 5 per mille è nata in maniera sperimentale con la Finanziaria 2006 (redditi 2005). Da subito le scelte dei contribuenti sono state superiori a qualsiasi più rosea aspettativa: 380 milioni di euro assegnati agli enti accreditati. Il governo corre subito ai ripari, escludendo prima, e poi riammettendo per l’anno successivo, il 5 per mille, con un tetto massimo di 250 milioni (Finanziaria 2007).
Con la Finanziaria 2008, ovviamente manco a dirlo a seguito di un maxiemendamento, il 5 per mille viene riproposto con un tetto di 380 milioni. Per il 2008 la norma agevolativa rimane invariata, resistendo agli attacchi alla diligenza: ricerca di risorse per la stabilizzazione del sistema creditizio prima e idea del ministro Tremonti, poi, di destinare le risorse del 5 per mille alla ricostruzione dell’Abruzzo.
Per il 2009 il 5 per mille abbandona la Finanziaria per essere salvato con il decreto mille-proroghe di febbraio 2010, quello dello scudo fiscale per intenderci. In ogni caso rimane invariato.
Siamo arrivati ad oggi, con il copione che si ripete: promesse e proposte bipartisan di stabilizzazione, buoni propositi annunciati e puntualmente disattesi.
Il tetto di 100 milioni al 5 per mille per il 2011, redditi 2010, è ridicolo rispetto ai numeri degli anni precedenti.
Di qui l’alzata di scudi da parte del mondo non profit, che su tali risorse conta per la propria sopravvivenza. E che dire delle scelte del contribuente, che potrebbe non veder assegnata la propria quota all’ente individuato?
Donatello Ferrari
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