Con la riforma sul diritto di famiglia, l.54/06, il giudice, quando decide sulle modalità di affidamento dei figli ad uno od entrambi i genitori in caso di separazione della coppia (sposata o di fatto), è tenuto a privilegiare, se non è controproducente per i figli stessi, l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori. Questo al fine di far valere e di sviluppare il principio della bigenitorialità.
Ciò significa, da un punto di vista pratico, che i genitori sono tenuti a mettere da parte i loro conflitti personali e a cercare un buon equilibrio tra di loro, in modo da garantire ai figli la costante, e se possibile collaborativa, presenza dei genitori nella loro vita, affiancandoli nella crescita.
Se un genitore “fa i dispetti all’altro” negando i contatti con il figlio rischia di perdere l’affidamento
Il giudice, in sede giudiziale e gli esperti (psicologi, mediatori o assistenti sociali) in sede stragiudiziale, pertanto, devono puntare a raggiungere tali obiettivi.
Nonostante l’ausilio di mediatori, assistenti sociali e psicologi, tuttavia, frequenti sono i casi in cui uno dei genitori, mosso da un forte e perdurante astio nei confronti dell’ex-coniuge o ex convivente, “usa” i figli per “fare dispetti” all’altro. Di norma questo si traduce in comportamenti che fortemente ostacolano il rapporto genitore/figlio.
La giurisprudenza, in tali circostanze, è divenuta sempre più severa. Non accetta assolutamente che un genitore possa “strumentalizzare” il proprio figlio per “vendicarsi” dell’ex-compagno, perché ritiene questo comportamento assolutamente non educativo e pregiudizievole per il minore. Al punto che questo comportamento può anche determinare, in casi estremi, l’impossibilità di affidare il figlio al genitore che tiene questi comportamenti.
Genitori rancorosi, affido eterofamiliare: una sentenza
Il Giudice è tenuto, infatti, a tutelare il minore ed il suo diritto a crescere sano e sereno. Quindi può e deve indurre i genitori a trovare un equilibrio tra di loro, anche sollecitando incontri con gli mediatori o psicologi. Ma se ciò non dovesse avvenire, ed entrambi i genitori, anche su parere degli esperti, si dovessero dimostrare incapaci di controllare il loro rancore, il Giudice potrebbe arrivare a ritenere tali comportamenti dannosi e pregiudizievoli per il figlio ed optare per un affidamento eterofamiliare (ossia al di fuori della famiglia).
Questo è per esempio, quanto ha disposto il Tribunale di Messina, dopo aver riscontrato il comportamento altamente lesivo alla crescita ed alla salute del figlio minore di due genitori, in cui astio dell’uno verso l’altro aveva portato a mettere in pericolo perfino la salute del figlio, ricoverato d’urgenza in ospedale.
Quando la conflittualità può diventare reato
La conflittualità della coppia separata, inoltre, può comportare conseguenze negative anche sul piano penale. Il genitore affidatario ha infatti, il dovere, di favorire il rapporto del figlio con l’altro genitore, secondo le modalità di visita disposte nel provvedimento di affidamento del Tribunale.
Se tuttavia, il genitore affidatario (inteso per tale anche il genitore coaffidatario presso cui il minore risiede stabilmente) ostacola tale rapporto, adducendo in continuazione banali scuse per ridurre o addirittura escludere gli incontri del figlio con l’altro genitore, senza che vi sia un fondato motivo, questo genitore può incorrere nel reato di “elusione dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile” di cui all’art. 388 del codice penale (Sentenza della prima sezione della Cassazione Penale n 27995 del 8.7.2009). Ne consegue una condanna penale del genitore inadempiente e la sua condanna al risarcimento del danno verso l’altro genitore.
In applicazione della nuova legge sul diritto di famiglia (l. 54/06), pertanto, anche la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, riconosce e promuove non solo il fondamentale principio di tutela del minore, ma anche il sempre più importante principio della bigenitorialità, arrivando a sanzionare, anche duramente, chi lo viola.
avv. Paola Turri
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