Con le modifiche apportate al diritto di famiglia dalla l. 54/2006 viene data particolare importanza al principio della bigenitorialità, secondo il quale la prole ha il diritto ad avere un rapporto completo e stabile con entrambi i genitori, e ciò anche quando la famiglia si divide. Tanta è l’importanza della bigenitorialità che l’affido condiviso (l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi i genitori con condivisione delle decisioni di maggior importanza attinenti alla sfera del figlio) diviene la scelta primaria e principale per il giudice in sede di separazione o divorzio.
Tuttavia il giudice, in considerazione del primario interesse dei figli, puo’ anche decidere, motivatamente, di optare per l’alternativo affidamento esclusivo dei figli ad uno solo dei genitori. Qualora infatti il giudice ritenga che l’affidamento condiviso possa risultare pregiudizievole per l’interesse del minore è tenuto ad adottare una diversa soluzione.
Precisiamo che le considerazioni fatte dal giudice sul tipo di affidamento (condiviso o esclusivo) da riconoscere ai genitori non possono e non devono basarsi solo sull’eventuale estremo rapporto conflittuale esistente fra i genitori. Bensì è necessario un quid pluris (qualcosa in più) a cui il giudice deve fare rifermento.Il giudice infatti deve tenere in considerazione principalmente il rapporto tra il singolo genitore ed il figlio. Se tale rapporto risulta essere dannoso o comunque conflittuale per il minore, al punto da evidenziare un’oggettiva carenza ed inidoneità educativa da parte del genitore (ad esempio: anomale condizioni di vita, insanabile contrasto con il figlio, o obiettiva lontananza, anche morale, del genitore), non potrà essere concesso l’affidamento condiviso, ma sarà necessario optare per l’affidamento esclusivo all’altro genitore. A meno che non ci siano condizioni particolarmente gravi tali da rendere necessaria l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 del Codice Civile (decadenza dalla potestà genitoriale).
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affido condiviso, anche in parziale modifica di un precedente provvedimento del giudice. Tale azione deve comunque e sempre essere attuata nell’esclusiva considerazione dell’interesse del figlio. Eventuali domande manifestamente infondate, infatti, magari presentate da un genitore al solo scopo di aumentare la litigiosità fra i coniugi, possono essere prese in considerazione (negativamente) dal giudice al fine di valutare i provvedimenti da adottare in relazione all’affidamento dei figli. Per di più il giudice, se riscontra la malafede del coniuge nella richiesta di affido condiviso, provvedere ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile, con conseguente possibilità di condanna al risarcimento dei danni.
avvocato Paola Turri
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