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Assistenza a chi non ne ha bisogno, perché guardiamo al reddito e non al patrimonio

Paghiamo pensioni assistenziali anche a chi non ne ha bisogno, con una spesa di almeno un miliardo di euro all’anno. È l’allarme lanciato dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova nel Rapporto 2014 sulla lotta alla povertà “Welfare generativo. Responsabilizzare, rendere, rigenerare”, edito dal Mulino.

Dalle stime su dati della Banca d’Italia emerge che su quasi 829mila pensioni o assegni sociali oltre un quinto (circa 182mila), equivalenti a una spesa di 950 milioni di euro, andrebbero a famiglie con ricchezza netta superiore ai 301mila euro e quasi un terzo (circa 240mila), equivalenti a una spesa di 1,25 miliardi, andrebbero a famiglie con una ricchezza superiore ai 202mila euro. L’analisi considera anche le integrazioni al minimo delle pensioni da lavoro: la spesa stimata per erogazioni in favore di famiglie con ricchezza netta superiore ai 301mila euro è di oltre 1 miliardo, mentre la spesa stimata per erogazioni a beneficiari in famiglie con ricchezza oltre i 215mila euro è di quasi di 1,5 miliardi.

Avverte il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato: “il problema è che questi trattamenti assistenziali vengono erogati per diritto a chi non ne ha bisogno, visto che viene valutato il suo reddito e non i patrimoni di cui dispone”.

La Fondazione Zancan evidenzia inoltre che in Italia la quota di spesa del welfare a favore di “vecchiaia e superstiti” (oltre il 61%) era molto superiore alla media europea (46%), mentre la quota destinata alle altre aree (salute, famiglia e infanzia, occupazione, …) era inferiore alla media Ue. All’insieme di tutte le altre voci l’Italia destinava invece un quarto in meno rispetto alla media Ue.

In un altro approfondimento, la Fondazione Zancan con il direttore Vecchiato evidenzia che l’Italia ha una delle peggiori performance in Europa in tema di efficacia degli euro di risorse pubbliche investite nel ridurre le disuguaglianze: “l’Italia è penalizzata per la carenza di edilizia sociale, di servizi per la prima infanzia, di servizi per la non autosufficienza”, scrive Vecchiato. “L’Italia ha / avrebbe margini di investimento considerevoli nelle diverse forme che hanno segnato il passaggio da carità a giustizia”:

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