Non ci sono abbastanza posti letto per anziani non autosufficienti in Rsa adesso, e in futuro ne serviranno ancora di più: perché la popolazione invecchia, e perché diminuiscono i caregiver.
Rsa e servizi domiciliari non si possono concepire in una logica di concorrenza, ma di integrazione.
Le Rsa sono e restano indispensabili, e servono più risorse per il settore.
Sono concetti cari a Uneba e al suo presidente Franco Massi ( vedi 1, 2, 3). Ma sono anche concetti che Antonio Sebastiano, direttore dell’Osservatorio settoriale sulle Rsa, ha espresso al convegno dell’Osservatorio, significativamente intitolato: “RSA: perché sono indispensabili e insostituibili”.
“RSA e non autosufficienza: niente di nuovo sul fronte nazionale” è il titolo dell’intervento di Sebastiano.
“Quel titolo è una provocazione – risponde Sebastiano- riferita alla Riforma della non autosufficienza. Il decreto attuativo approvato a marzo non ha portato a casa risultati significativi rispetto agli obbiettivi enunciati dalla Legge Delega e definiti anche attraverso il lavoro del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, con cui peraltro ho collaborato. Nel decreto la riforma dell’assistenza domiciliare è di fatto cancellata, mentre per l’assistenza residenziale non si introduce nulla di concreto, e si rinvia ad altri provvedimenti. Anche la riforma dell’indennità di accompagnamento è di fatto scomparsa. L’unico aspetto veramente positivo riguarda le valutazioni della condizione di non autosufficienza dell’anziano, che si riducono a due soltanto: una di responsabilità statale e una di competenza delle Regioni. La partenza è attesa nel 2025. Poi c’è un tema di fondo: è impensabile fare una riforma senza un adeguato stanziamento di risorse”.
Come ottenerle?
“Il vero problema è fare in modo che la non autosufficienza e l’assistenza agli anziani diventino priorità della politica. Se diventassero delle priorità, le risorse si troverebbero…”
Quando lo diventeranno?
Più che ancora che l’invecchiamento della popolazione, la vera preoccupazione è la futura riduzione del numero dei caregiver (oggi sono i figli a prendersi cura dei genitori anziani. Ma chi si prenderà cura degli anziani che non hanno figli?) e della loro prossimità (quanti figli, in futuro, vivranno a pochi km dai loro genitori?).
Attualmente oltre la metà del carico della gestione della non autosufficienza è sulle spalle delle famiglie. In futuro immagino un aumento della pressione sulle reti formali dei servizi, come le Rsa”.
Quindi più richiesta di posti residenziali, o diurni, o di assistenza domiciliare. Ma chi potrà permettersi questa spesa?
“Già ora le famiglie aspettano fino all’ultimo per chiedere il ricovero in Rsa, anche per ragioni economiche. Ma se gli stanziamenti di risorse pubbliche fossero adeguati e le strutture fossero più finanziate, queste ultime potrebbero chiedere una compartecipazione inferiore. Attualmente, alcuni enti non profit riescono a calmierare le rette grazie alla gestione straordinaria (es.utilizzando i proventi degli affitti di immobili o terreni che possiedono per abbassare le rette) o intaccando il patrimonio (es. vendendo propri beni)”.
Che situazione emerge dai bilanci?
“Abbiamo analizzato i bilanci di 400 Rsa gestite da 306 enti per un totale di oltre 40.000 posti letto in Lombardia e 101 Rsa gestite da 67 enti per un totale di quasi 11.500 posti letto in Veneto.
Il quadro generale è che, mentre il 2021 aveva visto una ripresa dopo il disastroso 2020, il 2022 è stato un anno difficile, a causa soprattutto del caro energia e dell’inflazione. Non abbiamo ancora analizzato i bilanci 2023, ma dai primi sentori sembra che ci siano dei miglioramenti rispetto al 2022. Ma in ogni caso tutto questo sali scendi mette gli enti in difficoltà e si riduce notevolmente la loro capacità di programmazione”.
Quali tipologie di enti appaiono in maggiore difficoltà?
“Gli enti pubblici e gli enti senza scopo di lucro”.
Perché?
“E’ difficile dare una risposta che sia calzante per ogni situazione, ma ci sono 2 elementi che vediamo emergere con frequenza.
Serve, negli enti non profit, una crescita manageriale, anche se stiamo parlando di enti che già hanno un livello di qualità dell’assistenza molto alto.
Inoltre, la collaborazione tra strutture, ad esempio attraverso gruppi di acquisto o consorzi, permetterebbe un maggiore efficientamento”.
Di quale dimensione sono gli enti con i bilanci migliori?
“Tra gli enti che abbiamo analizzato, la classe dimensionale con le performance migliori è quella delle strutture tra 120 e 200 posti letto”.
C’è margine per migliorare i bilanci attraverso una riduzione dei costi?
“Un intervento sui costi è difficile, perché le Rsa hanno una struttura dei costi particolare, molto rigida e con un grande peso dei costi del personale. Una costante nel campione di Rsa è che quelle che offrono standard elevati di assistenza impiegano più personale di quello richiesto dagli standard regionali. Quindi comprimere i costi significherebbe comprimere la qualità”.
Avete analizzato i bilanci di Rsa in Lombardia e Veneto, regioni diverse per legislazione sociosanitaria e per presenza dei servizi residenziali per anziani. Ci sono differenze tra le due regioni?
“I trend generali sono comuni. In Lombardia ha un bilancio 2022 in negativo il 56% degli enti analizzati, in Veneto il 64%.
Se però guardiamo al bilancio medio di un ente di settore, in Lombardia la redditività media è decisamente maggiore. In Veneto, va notato, una buona metà sono enti pubblici.
All’Osservatorio aderiscono molti enti associati Uneba, specialmente della Lombardia.