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Uneba Sardegna – Il nuovo regolamento regionale sull’accreditamento mette a rischio il futuro delle Comunità Integrate (Case Protette)

Uneba Sardegna unitamente alle forze sociali (Confcoperative-Unicoop-Legacoop…) ha costituito un gruppo di lavoro per evidenziare alcune osservazioni in merito al regolamento sui “Requisiti per l’autorizzazione al funzionamento e l’accreditamento delle strutture sociali”, in particolare in merito alla normativa prevista per le Strutture Residenziali Integrate. Si tratta del provvedimento approvato con delibera della giunta regionale 7/12 del 16 febbraio 2012.

Le osservazioni rilevate riguardano in particolare i servizi relativi alle Comunità Integrate (ex Case Protette): il provvedimento in esame propone un vero e proprio sconvolgimento della normativa ancora in essere, connaturando tali servizi quasi alle stesse finalità operative e socio – sanitarie proprie delle R.S.A. (Residenze Sanitarie Assistite).

Lo sconvolgimento organizzativo e strutturale previsto dal nuovo regolamento, che di fatto, snaturerebbe il concetto e le finalità stesse dei servizi prestati dalle attuali Case Protette, come si evidenzierà più avanti metterebbe a serio rischio l’esistenza di non meno il 60 % delle strutture operanti in Sardegna, per le quali sarebbe estremamente difficoltoso se non impossibile l’adeguamento ai nuovi parametri.

Da un’analisi preliminare delle caratteristiche strutturali delle Case Protette attualmente operanti (pubbliche e/o private), spesso ospitate in stabili comunali appositamente edificati secondo i parametri previsti dalle normative attuali o precedenti, risulta del tutto evidente l’impossibilità di attuare gli adeguamenti previsti, che tra l’altro richiederebbero autorizzazioni pubbliche non sempre ottenibili ed ingenti investimenti difficilmente affrontabili dai soggetti gestori dei servizi.

Tali sarebbero le difficoltà apportate dall’applicazione della nuova normativa che già nel breve periodo probabilmente si verrebbero a determinare le seguenti conseguenze:

  1. la probabile chiusura di un numero considerevole delle attuali Case Protette diffuse nel territorio, impossibilitate ad adeguare la configurazione strutturale delle “case” e/o ad affrontare gli ingenti investimenti connessi;
  2. il probabile accentramento dei servizi connaturati in un numero ristretto di strutture di grandi dimensioni annesse a “poli” socio – sanitari operanti su vaste aree territoriali, con la conseguente perdita delle peculiarità caratteristiche dei servizi, relative all’offerta di una qualità di vita il più vicino possibile a quella propria del nucleo familiare;
  3. l’allontanamento degli utenti dal loro habitat esistenziale, con le conseguenti difficoltà a mantenere le relazioni sociali pregresse e le relazioni col nucleo familiare di provenienza;
  4. la perdita di un considerevole numero di posti di lavoro tra gli addetti attualmente operanti in questa tipologia di servizi (stimabile in 400/500 posti lavoro in ambito regionale);
  5. l’aumento dei costi delle rette per gli utenti dei servizi, stimabile tra il 35 ed il 50 % dei costi medi attuali, ricompresi attualmente in un range oscillante tra i 1700 e i 2500 euro mensili a seconda delle “qualità” intrinseche delle strutture e dei servizi aggiuntivi offerti, a fronte di un aumento dei costi che porterebbe l’entità delle rette ad un minimo di circa 3000 euro;
  6. la possibile diffusione del fenomeno già largamente presente nei grandi centri metropolitani relativo all’esercizio “abusivo” dei servizi propri delle Case Protette (in particolare per le Case Protette per anziani), proposti in strutture spesso totalmente inadeguate e operanti borderline o totalmente al di fuori di qualsiasi parametro normativo e legale, offrendo prestazioni spesso di infimo profilo,come recitano anche le cronache recenti, ma in grado proprio per l’elusione delle normative di offrire le proprie prestazioni a costi apparentemente accattivanti per l’utenza ed assolutamente impraticabili per le strutture accreditate.

1 Comment

  1. Ancora una volta le forze politiche ed i loro amministratori (non ci possono rappresentare se fanno simili scelte)anziche vedere dove effettivamente loro e le loro cricche, sperperano i nostri soldi limitano degli interventi sociali, scelgono non di favorire queste strutture che sono utilizzate prevalentemente da persone anziane e da persone con altri problemi scelgono la strada più facile e comoda; scaricare sulle persone che non hanno voce o potere, la strada di scaricare sulle famiglie i problemi degli anziani e di chi ha problemi familiari. Ribelliamoci mandiamo a casa questi amministratori che non tagliano i loro mastodontici privilegi e costi e sostituiamoli con persone attente a queste problematiche e disposti a lavorare cercando di soddisfare al meglio i molteplici problemi che gli anziani e queste strutture vivono. Maggi Luigi


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