Con che criteri e entro quali limiti gli Enti del Terzo Settore possono esercitare attività diverse da quelle “di interesse generale”?
Lo stabilisce il decreto del Ministro del lavoro e del Ministro dell’economia 107 del 19 maggio 2021 Regolamento ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore), concernente l’individuazione di criteri e limiti delle attivita’ diverse, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 luglio 2021.
Gli enti del Terzo Settore – dice infatti il Codice del Terzo Settore all’articolo 6 – possono esercitare attivita’ diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attivita’ di interesse generale”.
Quando “strumentali”?
Si considerano strumentali, si legge all’articolo 2 del decreto ministeriale, “se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’ente del Terzo settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale perseguite dall’ente medesimo”.
Quando “secondarie”?
Si considerano secondarie, si legge all’articolo 3 del decreto ministeriale “qualora, in ciascun esercizio, ricorra una delle seguenti condizioni:
a) i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
b) i relativi ricavi non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.
Cosa sono le attività di “interesse generale”?
Le attività “di interesse generale” sono quelle che gli Enti del Terzo Settore esercitano “in via esclusiva o principale”, come stabilisce all’articolo 5 il Codice del Terzo Settore. Una di queste possibili attività “di interesse generale” sono le prestazioni sociosanitarie, che tanti enti Uneba svolgono.
Questo decreto sulle attività diverse è un tassello importante ed atteso della Riforma del Terzo Settore. Resta però irrisolto il nodo dell’impianto fiscale della Riforma, come normato dal Codice unico del Terzo Settore e dal decreto sull’impresa sociale, che rischia di portare un danno a enti del settore sociosanitario e socioassistenziale, in particolare le fondazioni che oggi hanno il titolo di onlus.
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