“Come stare nei social ed essere il piu’ possibile generativi?”
Questa la domanda posta dal moderatore Leonardo Becchetti all’inizio di “Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio”, seminario sulla comunicazione nell’era digitale, organizzato da Retinopera e a cui ha partecipato anche Uneba.
In apertura, Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, ha evidenziato 5 sfide della comunicazione al tempo della rete.
1. Dalla risposta alla domanda
Siamo circondati di risposte- informazioni, voci, opinioni-, che a volte anticipano anche le domande. La difficoltà è discernere e capire le risposte giuste
2. Dai contenuti alle persone
Oggi non sono più centrali i contenuti, che sono sempre a disposizione di tutti, bensì le persone: tutto ruota intorno alle persone e alla loro voglia di fruire dei contenuti
3. Dalla trasmissione alla testimonianza
Non comunichi nulla se non c’è una relazione, una condivisione. Ognuno diventa testimonial del contenuto che condivide…come accaduto per l’evangelizzazione!
4. Dai contenuti alle relazioni
Un contenuto e’ significativo solo se è in grado di generare relazioni tra contenuti e persone o tra le persone tra loro
5. Dall’interazione all’interiorizzazione
Interiorizzazione oggi è anche creare interazioni tra i contenuti
Bruno Mastroianni ha evidenziato che veniamo da mondo in cui la realtà veniva selezionata, in cui la televisione sceglieva cosa mostrare. Ora invece la rete ci ha reso piu’ interconnessi e il rapporto con la differenza è piu’ costante e meno gestibile. Ma se fatichiamo a gestire il rapporto con la differenza e non abbiamo la mente aperta, ha argomentato Mastroianni, non è colpa dell’algoritmo di Facebook: in campo c’è una questione culturale prima che una questione tecnica. Dobbiamo abituarci all’uso del pensiero critico piuttosto che imparare a usare lo smartphone.
Dobbiamo passare, ha detto Mastroianni, dalla battaglia delle idee al collaudo delle idee, alla voglia di mettere le nostre idee alla prova dell’altro. Servono persone pronte, ciascuna nella “propria parte” di rete, a dare prova di quello che credono, che sono, che insegnano, perche’ così danno testimonianza di fronte a tutti, e in questo modo immette nella rete di relazioni significati e cosi modifica la struttura della rete in senso positivo.
Gigio Rancilio, social manager di Avvenire, ha evidenziato che come cristiani abbiamo un problema di linguaggio: “non parliamo più come parla la gente”. E abbiamo uno stile da mantenere, che ci tiene lontano da metodi acchiappaclick ma pure da toni troppo muscolosi o polemici.
Ha presentato una serie di nuove sfide:ù
come provare a parlare con 11 milioni di analfabeti digitali?
Come provare a portare i nostri contenuti anche a chi è fuori dal mondo cattolico?
Come riuscire a fare aggregazione per comunicare tutte le cose belle che fa la Chiesa?
Ha invitato poi il mondo cattolico della comunicazione a guardare anzitutto a se stessi: “non lamentiamoci che fuori ci sono i cattivi: cominciamo a chiederci se noi abbiamo qualcosa di interessante da dire”.
E ha lanciato l’idea di una quotidiana rassegna stampa con i link alle 10 notizie più interessanti prodotte in quel giorno dai mass media cattolici.
Le campagne create artificialmente sui social network, ha rilevato Mauro Monti capo ufficio web di Tv 2000, trascinano con sè le persone reali e fanno sentire non piu’ minoranza il loro pensiero, danno voce alle loro paure più profonde. Che in fondo sono quelle di tutti.
Pierino Martinelli, di Unimondo, ha invitato a non temere il confronto anche aspro: “se evitiamo chi ha idee diverse dalle nostre inaridiamo i nostri argomenti”. Sulla sua testata si appresta ad ospitare contributi con opinioni opposte alla linea editoriale.
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