La salute e’ oggi informazione e consapevolezza, ma non e’ solo questione di moduli da compilare (come per il consenso informato), di tecniche o di sensibilità umana.
I pazienti sentono se di fronte a loro sta un medico pervaso da onnipotenza oppure dotato di quella personale maturazione che passa attraverso la consapevolezza della comune matrice umana, corporea, mortale; attraverso la cognizione del dolore, della sofferenza, della morte: che uniscono, al di là dei ruoli.
Ciò non significa che il medico debba obbligatoriamente attraversare l’esperienza della malattia personale o dei propri cari. Bensì che abbia percorso la via di una pratica clinica più completa, che ben coniughi il binomio “scienza e coscienza”. Senza dimenticare che oggi i pazienti sono sempre meno incoscienti e profani, ignoranti o esitanti. Si informano, attraverso altri pazienti o altri medici, letture, tv, radio ed internet; sono sempre più inclini alla pretesa che non all’attesa o alla riconoscenza.
Non è raro infatti che all’arroganza comunicativa propria del paternalismo medico, spesso fondato sulla rassegnazione comunicativa dei malati,corrispondano nel paziente speculari atteggiamenti capaci di condurre al ricorso agli avvocati.
Medico, parla chiaro: di’ la verità garbatamente
La comunicazione deve arrivare attraverso un linguaggio semplice e chiaro, non criptico o retorico, né troppo tecnico. Perché non dire depilazione anziché tricotomia? Perché in radiologia non spiegare che un esame negativo è quello che va bene, mentre quello positivo è quello che deve preoccupare?
Il linguaggio dovrebbe essere anche terapeutico: veritiero ma consolante. Il 90% dei malati afferma di volere la verità, ma tutti pretendono che sia garbata e che non precluda ogni speranza. Nella società moderna che esalta salute, benessere e giovinezza, la gente non vuole cattive notizie, detesta sapere di essere ammalata e talora estende la propria antipatia pure al medico che gliela comunica.
Ma la salute non si compra
D’altronde però spesso la malattia sovverte drammaticamente ed inesorabilmente le prospettive future del malato, causando ad esempio invalidità grave o permanente o emarginazione professionale.
Non devono essere sottovalutate età e condizioni sociali di fronte alla malattia, specie se questa è grave o incurabile. Nel senso che il ricco, e i suoi familiari, non si arrendono facilmente all’idea che non si possa comprare anche la salute, o un medico capace, o un ospedale attivato per i miracoli. Il povero, il fatalista, l’ anziano, accolgono la comunicazione con maggiore rassegnazione.
Gabriella Zottarel, medico, Fondazione Care
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