Riceviamo spesso tra i commenti sul sito quesiti in merito al lavoro notturno: chi è esentato, chi può scegliere di non farlo.

Ecco come abbiamo riassunto le principali regole in materia.

Fino ad 1 anno di età del bambino,il lavoro notturno per la lavoratrice-madre è PROIBITO.
Fino a 3 anni, la madre (o il padre, in alternativa) NON SONO OBBLIGATI a lavorare di notte. Quindi il lavoro notturno non è proibito,ma è lecito chiedere e la prestazione notturna è consensuale.
Fino a 12 anni del bambino affidato o adottato purché convivente, il lavoro notturno NON E’ OBBLIGATORIO (con la precisazione sopra citata) se il lavoratore o la lavoratrice siano UNICI AFFIDATARI.
Idem fino a 12 anni nel caso di L.104 (figlio disabile): lavoro notturno legittimo ma non obbligatorio.

 

La legge prevede due casi:
1) divieto di adibire al lavoro notturno (in questo caso non si può fare nemmeno con l’assenso del dipendente). Vale per la madre fino a un anno di età del bambino.

2) non obbligatorietà del lavoro notturno (in tal caso si può fare solo con l’accordo del dipendente).
L’articolo 11, comma 2, decreto legislativo 66 del 08.04.2003, prevede la non obbligatorietà del lavoro notturno:

a) per la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai 3 anni o, alternativamente a questa, il lavoratore padre convivente con lei (questa previsione deve intendersi estesa anche ai genitori non naturali, con figli in adozione o in affido,come affermato dalla Corte Costituzionale 26.03.2003, n. 104)

b) per la lavoratrice o il lavoratore che risultino essere unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai 12 anni

c)per la lavoratrice o il lavoratore che abbiano a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 104/92.

La non obbligatorietà è prevista, fino al compimento di tre anni di età del bambino, innanzitutto per la madre; comunque il lavoro notturno può essere rifiutato anche dal padre convivente con la madre, ma in questo caso il diritto del padre è solo “alternativo”, il che significa che egli può esercitarlo solo qualora la madre, pur titolare dello stesso diritto, rinunci ad esercitarlo.