Ho letto con interesse e condivido la dichiarazione di Uneba sulla vaccinazione anti Covid del personale della RSA.
In questo momento di speranza è richiesto a tutti un atteggiamento di responsabilità e di generosità.
- Responsabilità perché con la vaccinazione riduco il rischio per le persone che mi circondano (ospiti, famigliari, altro personale)
- generosità perché, nonostante io possa avere qualche incertezza sul vaccino e la sua efficacia, accetto di compiere un sacrificio uniformandomi alle scelte della maggioranza. Qualsiasi sia la motivazione del sacrifico (civile, morale, religiosa) in questo momento assume un’altissima valenza.
Non sono esperto di diritti, e quindi non sono in grado di discutere sulla liceità di certi comportamenti e sulla possibilità di risposte più o meno drastiche, ma la prospettiva di ambienti di cura dove alcuni frequentatori a vario titolo potrebbero non accettare la vaccinazione è motivo di personale angoscia. Uno dei punti più critici saranno certamente le RSA, dove si incrociano le scelte dei gestori, il comportamento del personale, i desideri dei famigliari degli ospiti, sia per quanto riguarda la vaccinazione dei loro cari sia quella di loro stessi. Un insieme delicato di speranze, di atti concreti, di culture diverse; con ansia e preoccupazione attendo gli eventi, sapendo che ad un certo momento arriva il tempo di decidere, nella speranza che questo complesso sistema possa trovare un proprio equilibrio nel nome del benessere degli ospiti, fragilissime vittime della pandemia.
Chi è stato a contatto con la morte di molti anziani, con il disastro di strutture che rischiavano di chiudere per la mancanza di operatori, con la sofferenza degli ospiti disorientati e angosciati, con le attese dolenti dei famigliari non può ritenere accettabile il rifiuto di ricorrere al vaccino, che potrebbe dare almeno il 95% delle possibilità che tutto ciò non si ripeta più.
Mi permetto di riprodurre una frase pubblicata da Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia, in occasione della vaccinazione:
“Ieri ho messo il vestito buono e sono andato nel mio vecchio, amato ospedale per vaccinarmi con inaspettata, intensa commozione”. Una commozione che condividiamo, prodotta dal pensiero di una scienza amica, dal ricordo di tanti nostri concittadini che avrebbero potuto essere salvati se il vaccino fosse (miracolosamente!) arrivato prima, dalla speranza per un futuro meno drammatico. “A shot of hope” ha titolato il New York Times, descrivendo la sensazione di fronte al vaccino di un medico, “che sta ancora combattendo la sua battaglia, ma inizia a vedere l’orizzonte”.
Mi auguro che l’attuale momento di crisi possa essere superato a breve; in questo momento, però, come medico e come studioso dei problemi clinici e umani posti dagli anziani fragili mi sento particolarmente vicino a coloro che devono affrontare un dialogo difficile con chi fosse contrario alla vaccinazione. Vicino a gestori e operatori che lavorano a fianco di chi mostrasse qualche resistenza, vicino agli ospiti ai quali si dedicano attenzioni e competenza.
Io appena sarà possibile mi vaccinerò.
Le RSA del nostro paese hanno vissuto tempi drammatici (e alcune li stanno vivendo ancor oggi); dobbiamo risparmiare a questi luoghi di sofferenza ulteriori difficoltà e fatiche. Chi crede che le RSA sono indispensabili per costruire una “vita buona” di tanti anziani ammalati e non autosufficienti non può infliggere loro ulteriori momenti di dolore.
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Pubblicato da Ordine dei Medici chirurghi e Odontoiatri provincia di Brescia su Domenica 27 dicembre 2020
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Pubblicato da Uneba su Mercoledì 30 dicembre 2020
#vaccino agli operatori di #rsa : farlo è un gesto di responsabilità e generosità , ribadisce Marco Trabucchi di @AIP_Italia condividendo l'appello di Uneba pic.twitter.com/5jkmw182op
— Uneba (@unebanazionale) December 30, 2020
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