La Corte di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite 9/10/2008 n.24833 (che pubblichiamo nella parte riservata), corregge un atteggiamento restrittivo osservato dall’Agenzia delle Entrate in tema di ammissibilità fra le Onlus anche di quegli organismi che erogano prestazioni assistenziali a pagamento.
L’Agenzia – segnatamente con la circolare 48 del 18/11/2004 – aveva ritenuto che, per l’assunzione della qualifica di Onlus, occorresse non solo l’esercizio di un’attività assistenziale rivolta a soggetti in difficoltà fisica o psichica, ma anche, altresì, che l’erogazione di tali attività avvenisse con forte partecipazione economica dell’organizzazione.
La negativa posizione espressa dalla ricordata circolare – che aveva portato a plurime cancellazioni di Fondazioni dal registro delle Onlus – è stata per parte mitigata dalla successiva risoluzione 146 del 21/12/2006.
La Sentenza delle Sezioni Unite fa, dapprima, giustizia, in ordine al presupposto assunto dall’Agenzia, osservando che detta tesi “è in contrasto col chiaro dettato legislativo, in forza del quale si intende che vengano perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari [d.lgs. 460/97, art.10, comma 2, lett.a), recante norme sul riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale]. Quindi, le attività possono essere considerate rientranti tra quelle aventi finalità di solidarietà sociale anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di svantaggio economico del beneficiario. Tale situazione di svantaggio è soltanto una tra quelle previste dal legislatore in via alternativa e la ricorrente non contesta che i destinatari delle prestazioni potessero versare in condizioni di svantaggio di altro tipo”.
E’ importante rilevare che la Sentenza della Corte non si limita a tale affermazione, ma giunge a precisazioni più avanzate.
Nella fattispecie considerata dalla Corte, l’Ente interessato aveva, dall’esercizio dell’attività assistenziale, ritratto cospicui utili, e tale situazione era stata ritenuta dall’Agenzia come espressiva di un’attività incompatibile con il regime di Onlus.
La Corte ha ritenuto erronea tale posizione osservando come la produzione di utili è circostanza del tutto irrilevante allorché gli utili conseguiti non vengano distribuiti, ma conservati per realizzare altre attività istituzionali.
Testualmente, la Sentenza precisa: “La censura non è condivisibile perché, come si evince dal D.Lgs. n.460 del 1997, art.10, comma 1, lett. d) ed e), la realizzazione di utili non esclude il fine solidaristico dell’attività; occorre, però, che gli utili stessi vengano impiegati per la realizzazione di attività istituzionali o connesse [cit. D.Lgs. n.460, art.10, comma 1, lett. e)] o che, comunque, non vengano distribuiti [cit. D.Lgs. n.460, art. 10, comma 1, lett. d )].”
Avv. Bassano Baroni, presidente di Uneba Lombardia
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