Un tema molto dibattuto e particolarmente discusso in questi giorni è la legittimità della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche o ancora più in generale negli edifici pubblici (è il caso per esempio del Crocifisso appeso nelle aule di giustizia).
L’esposizione del Crocifisso (visto unicamente come simbolo religioso), infatti, secondo alcuni potrebbe collidere con il principio di laicità dello Stato italiano, inteso sia nella sua veste generale/collettiva (cioè: lo Stato non deve in nessun modo “spingere” ad un determinato credo religioso), che nella sua veste individuale, ossia nella libertà di ogni individuo di credere e professare liberamente la propria religione, sempre nel rispetto dei principi sociali e costituzionali).
La richiesta di rimozione dei Crocifissi dalle aule scolastiche ha dato luogo ad una sorta di “piccola guerra” che sembrava essere stata assopita con l’ultima sentenza del Consiglio di Stato del 2006, ma che invece, a quanto pare, non si è ancora conclusa.
La questione è sorta ancora verso la fine degli anni ‘90, quando un genitore italiano di religione islamica aveva chiesto all’autorità giudiziaria di imporre alla scuola frequentata dai figli, di togliere i Crocifissi dalle aule scolastiche, in quanto rappresentavano principi religiosi contrari al loro credo religioso. Il ricorrente sosteneva che l’esposizione del Crocifisso nelle aule violava il principio costituzionale della libertà del culto (art. 19 della Costituzione).
Analogo procedimento si è ripetuto poi nel 2002 con ricorso, sempre da parte di genitori di religione diversa da quella cattolica, presso il Tar Veneto. In quell’occasione il Tribunale aveva riscontrato un potenziale contrasto tra la presenza del crocifisso ed il principio di laicità dello Stato (tesi che, peraltro, è stata successivamente contrastata anche dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 389/2004).
Sulla questione è intervenuto, da ultimo, il Consiglio di Stato (sentenza n. 556 del 13.01.2006) per ribadire, contrariamente a quanto affermato dai Tribunali di primo grado, la legittimità dell’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, evidenziando la funzione simbolico-educativa del Crocifisso.
Il Consiglio di Stato, infatti, sottolinea che, a prescindere dalla religione professata dagli alunni, il Crocifisso indica, in chiave simbolica i valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, dell’affermazione dei suoi diritti, di riguardo della sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana e di rifiuto di ogni discriminazione: principi che connotano la civiltà italiana. Questi valori, prosegue il Consiglio di Stato, “soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della Carta Costituzionale italiana”.
Sposando tale orientamento, il conflitto giurisprudenziale sulla correttezza della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche sembrava essersi risolto, sino alla recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo (3 novembre 2009), la quale, interpellata da una cittadina italiana di origine finlandese, ha affermato che la presenza dei Crocefissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni".
Dovremmo, tuttavia, attendere il deposito dei motivi della sentenza per conoscere e meglio comprendere il ragionamento che ha determinato tale decisione. Sta comunque di fatto, che la sentenza ha sollevato dubbi e perplessità da parte della popolazione, che ancora ad oggi rimane a maggioranza cattolica.
Il Governo italiano, in proposito, non accettando quanto disposto dalla Corte di Strasburgo, ha già presentato ricorso contro tale sentenza. Se verrà accolto, la questione sarà discussa nella Grande Camera.
avv. Paola Turri
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