Il decreto 200 del 2012 stabilisce che le attività sanitarie e assistenziali degli enti non commerciali accedono all’esenzione da Imu e Tasi quando sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate e prestano servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento; oppure quando le attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di rette di importo simbolico”.
Ma come quantificare questo “importo simbolico”?
E’ sufficiente, come indicano anche le istruzioni Imu per enti non commerciali, stabilire che questo importo deve essere “non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività convenzionate o contrattualizzate svolte nello stesso ambito territoriale”’
No, sostiene la deputata di Sel Marisa Nicchi nella sua interrogazione a risposta immediata “chiarimenti circa l’esenzione dall’IMU e dalla TASI degli immobili di enti non commerciali utilizzati per attività sanitarie e socio-sanitarie” del 16 luglio. Nicchi afferma inoltre che i due requisiti alternativi dell’accreditamento e della gratuità non sono sufficienti a escludere la natura economica delle attività in questione e chiede un ulteriore intervento al governo.
Nella sua risposta, il sottosegretario all’economia Enrico Zanetti ricorda che il regolamento Imu ha superato il vaglio non solo del Consiglio di Stato, ma anche della Commissione europea che ha stabilito che questo tipo di esenzione Imu non rappresenta un (illegale) aiuto di Stato.
Inoltre ribadisce la decisione di non quantificare l’”importo simbolico” dato che la stessa Commissione europea “è intervenuta sul punto, limitandosi – e senza, quindi, vincolare assolutamente l’individuazione della simbolicità del compenso a un parametro predefinito – a stabilire che «per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio»”.
La misura di quanto è effettivamente compenso simbolico (e quanto invece rappresenterebbe modalità commerciale, e quindi addio esenzione Imu) cambia a livello territoriale, ribadisce Zanetti. E “spetta ai Comuni, in sede di verifica delle dichiarazioni e dei versamenti effettuati dagli enti non commerciali, valutare la simbolicità dei corrispettivi”.
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