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Come svolgere le raccolte fondi per poter avere benefici fiscali

Il legislatore fiscale pone un trattamento di favore nei confronti del non profit, stabilendo che non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali “i fondi pervenuti agli stessi enti a seguito delle raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione” [art.143, comma 3, lettera a) DPR 917/86 (Tuir)].

La norma in questione si applica anche alle Onlus in virtù del rinvio operato dall’art. 26 del D.Lgs.4601/1997 alla normativa degli enti non commerciali.

 

L’attività di raccolta fondi è quindi esclusa da imposizione tributaria se ricorrono le seguenti condizioni:

1-     Deve trattarsi di iniziative occasionali. Al contrario, in presenza di attività continuativa effettuata con un’organizzazione specifica si potrebbe prospettare l’esercizio di attività commerciale con tutte le conseguenze del caso.

2-     La raccolta fondi deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo: feste di precetto, anniversari, Patroni, avvio di progetti specifici.

3-     I beni eventualmente ceduti per la raccolta di fondi devono essere di modico valore.

Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività di raccolta fondi, è posto, a carico degli enti non commerciali e Onlus promotori, un ulteriore adempimento. Gli stessi infatti “devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato ai sensi dell’art. 22 [cfr. DPR 600/73], dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione indicate nell’articolo 143, comma 3, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917” [art. 20 DPR 600/73].

 

E’ di tutta evidenza come la preoccupazione del Legislatore sia quella di garantire la fede pubblica nelle raccolte fondi. A tale proposito, l’Agenzia delle Entrate con l’interpretazione dello scorso ottobre, ha fornito dei chiarimenti all’Agenzia per le Onlus demandata al controllo delle raccolti fondi in questione, che costituiscono utili indicazioni per gli operatori del settore. In particolare ha evidenziato la necessità di controllare:

a-      l’effettiva destinazione dei fondi al progetto o alle attività per i quali la raccolta è stata intrapresa. In sostanza, ribadisce l’Agenzia, tali fondi non devono essere utilizzati dall’ente per autofinanziarsi a scapito delle finalità solidaristiche che il legislatore fiscale ha inteso incentivare;

b-     il contenimento dell’apparato organizzativo e i conseguenti costi amministrativi e di gestione dell’iniziativa. L’occasionalità della raccolta va misurata anche in funzione dei costi sostenuti per la stessa. Va quindi individuato un rapporto tra fondi raccolti e loro destinazione, prevedendo che i costi dell’iniziativa siano contenuti entro limiti ragionevoli, tali da garantire che una certa quota di fondi venga destinata ai progetti e attività oggetto della campagna di raccolta. L’Agenzia ritiene che i fondi raccolti debbano essere destinati per la maggior parte del loro ammontare a finanziare i progetti e le attività per cui la raccolta fondi è stata attivata.

Da ultimo, al fine di agevolare l’attività di accertamento, l’Agenzia pone a carico delle organizzazioni interessate la necessità di indicare nella relazione illustrativa che accompagna il rendiconto ex art. 20 DPR 600/73, sopra citato, l’importo dei fondi raccolti e le somme effettivamente destinate alle attività e progetti, dettagliatamente descritti, oggetto della raccolta fondi.

Donatello Ferrari

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