Dalle persone con disabilità si riceve più di quel che si dà: è una frase che si sente ripetere spesso, ma sempre detta con il cuore, da chi si dedica a loro professionalmente o per volontariato.
Ma che cosa, davvero, si riceve?
Ne ha parlato fratel Ernesto Gada del Cottolengo di Mappano nel suo intervento “La persona con grave disabilità agente di umanizzazione: luoghi biunivoci della relazione di cura nella complessità degli interventi assistenziali” nell’ambito del convegno “Disabilità, fragilità, vulnerabilità, qualità della vita” di Uneba con SED e IUSTO
Che cosa dà, che cosa fa la persona con disabilità? Ecco alcune delle risposte di Gada
- fa emergere la connessione vista/cuore/intelletto: chi la ascolta riesce a mettere assieme cuore con capacità razionale
- permette a chi si dedica a lei di sviluppare l’empatia: ad esempio la capacità di riconoscere il dolore nella persona in base a una mimica, una ruga anche se non direttamente manifestato
- aiuta chi la cura a diventare sempre più bravo a curarlo
- stimola la ricerca di senso del limite: ci pone di fronte al senso degli eventi, e ci obbliga a dare una risposta
- spinge al confronto con la modalità con cui la società si fa carico delle persone fragili
- stimola a prendere iniziative a favore della disabilità
Ed è proprio se viene riconosciuto il loro valore umanizzante che le persone con disabilità vengono valorizzate.
“La persona con disabilità – scrive Gada – riceve dal caregiver azioni rispondenti ai suoi bisogni, da una cura a impronta olistica, il caregiver dalle controreazioni ha l’opportunità di ricevere modifiche al suo essere umano oltreché professionale. In questo senso la relazione bidirezionale e olistica tra caregiver e la persona con grave disabilità diventa umanizzante per entrambi”.
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