Mercoledì 7 febbraio presentazione a Milano di “L’impresa della carità – – Vita e opere di Adele Bonolis”, scritto da Giovanni Santambrogio.
Oltre a fondare opere di assistenza ancora attive, e che oggi portano il suo nome, Adele Bonolis, proclamata venerabile nel 2021, fu anche membro del consiglio di Uneba nei primi anni della sua costituzione.
Fondazione Adele Bonolis è oggi un ente associato a Uneba Lombardia.
Qui a seguire, la riflessione di Alessandro Pirola, presidente di Fondazione Bonolis
Milano e il mondo Cattolico Ambrosiano hanno un patrimonio di straordinaria intraprendenza nel sociale e nella carità. Si tratta di un capitale umano e di opere invidiabile che da secoli si rinnova in continuazione. Un posto di primo piano è occupato da Adele Bonolis, una santa per chi l’ha conosciuta personalmente, una testimone della fede proclamata Venerabile da Papa Francesco nel 2021.
Adele Bonolis ha fondato quattro Case di accoglienza, cura e reinserimento sociale in una stagione non facile, l’immediato dopoguerra del secolo scorso, sfidando ogni tipo di resistenza e con una visione innovativa e anticipatrice che ha contribuito a costruire i nuovi modelli di assistenza.
Otto anni prima dell’approvazione della legge Merlin (1958) sulla chiusura dei “bordelli” ha iniziato a liberare le donne dalla prostituzione apprendo nel 1950 “Casa Maria Assunta” a Onno per poi stabilirsi definitivamente a Montano Lucino, acquistando una villa con giardino. Una giovane Camilla Cederna scrive nel 1951 una inchiesta giornalistica sul settimanale L’Europeo e fa conoscere Adele e la sua opera a tutta Italia. Cederna non ha simpatie per il mondo cattolico ma annota che si tratta di “un’idea nuova e rischiosa di raccogliere le donne perdute per educarle in modo indiretto, col sistema dell’autogoverno, senza nessuna costrizione. Il suo Centro non sarebbe stato un collegio con rigide regole, grembiulini rigati e dura disciplina: a ognuna delle ricoverate sarebbe stata lasciata una libertà sufficiente, in modo da poter studiare le tendenze di ciascuna, indirizzarle a un mestiere e immetterle, rinnovate, in società”.
Tre anni dopo, nel 1953, di fronte a un’amnistia avvia “Casa Maria delle Grazie” per accogliere le donne che sarebbero state rilasciate dalle carceri. Passa un anno e nel 1954 pone le basi di Villa Salus “Madonna del soccorso” per prendersi cura di donne con problemi psichiatrici. Adele Bonolis non si spaventa, intuisce il bisogno in quei passaggi sociali di un’Italia che non si è ancora ripresa dalla guerra, registra un elevato analfabetismo e una povertà diffusa mentre si lavora alacremente alla ricostruzione. Il mondo cattolico si sta dando da fare su fronti molteplici: Lei stessa è animatrice in Azione Cattolica sia a Milano sia in ambito nazionale; è lei, ad esempio, a spingere l’Associazione ad promuovere una commissione sul tema della prostituzione.
E’ donna che osa, non s’intimorisce davanti ai problemi, anche a quelli economici. Risponde a tutti: “La Provvidenza c’è. Affidiamoci e facciamo il nostro dovere”. Lei che aveva meditato le scelte della sua vocazione alla verginità con il cardinal Ildefonso Schuster e con la sua benedizione aveva avviato le opere, dopo il 1955 è una stretta collaboratrice dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini. Non sono pochi i casi in cui il cardinale interviene a difenderla di fronte a perplessità dentro e fuori la Chiesa. L’arcivescovo era allora impegnato nella “Missione di Milano” che cambiò la mentalità della testimonianza invitando i fedeli laici ad essere “sale vivo” e presenza visibile nei luoghi di lavoro, in città e nella carità. Sono gli anni in cui prende forma UNEBA (Unione nazionale enti di beneficenza e assistenza) per iniziativa dell’Istituto Cattolico di Attività Sociali e di alcune opere assistenziali caritative di ispirazione cattolica. Tra queste quelle della Bonolis, sostenitrice di un coordinamento cattolico per avere una voce unica e forte anche in ambito istituzionale. Montini non solo vede bene UNEBA ma contribuisce a sostenerla e a svilupparla. Avverte urgente la presenza dei cattolici in città, li incalza con i suoi interventi. Così nel 1957 chiama Adele Bonolis e le chiede di occuparsi degli ex carcerati.
A dicembre nasce Assistenza Fraterna (As.Fra) per “l’avviamento cristiano alla riabilitazione religiosa, morale, sociale, degli uomini maggiorenni provenienti dagli Istituti di pena”. Consulente ecclesiastico di As.Fra è il segretario dell’arcivescovo, don Pasquale Macchi. E’ la quarta opera della Bonolis, l’unica maschile, che troverà sede a Vedano al Lambro con l’apertura di “Casa San Paolo”, oggi da me presieduta e trasformata in luogo di cura per ex ospiti di Ospedali psichiatrici giudiziari e per persone con disagi psichici. Seguiamo 80 ospiti residenti e altri 50 in forma diurna; Lo scorso dicembre l’Arcivescovo Mario Delpini ha inaugurato altre unità di cohousing ora formato da undici appartamenti.
Il libro “L’impresa della carità” scritto da Giovanni Santambrogio ed edito da San Paolo racconta nei particolari la personalità di Adele Bonolis offrendo il primo saggio completo sulla figura, la vita e le opere della serva di Dio.
Una donna da riscoprire innanzitutto per la sua fede e poi per le intuizioni pedagogiche e il metodo di cura che hanno ancora molto da dire. Coltivare la sua memoria, andandola a conoscere sempre di più, può dare indicazioni preziose e concrete alle tante “imprese della carità” che il mondo cattolico non cessa di avviare e di rafforzare.
Ho seguito la Causa di beatificazione lasciandomi sorprendere dalla vitalità, dalla generosità, dall’intraprendenza di questa donna innamorata di Cristo, fedele alla Chiesa, in stretto rapporto con l’autorità. La sua testimonianza mi conferma in una convinzione: la carità come forma di realizzazione personale e sociale appassiona e coopera alla pienezza umana di tutti; la passione all’umano genera scelte, comportamenti e opere; le opere generano e richiedono professionalità, realismo e audacia. E’ la grande impresa della carità che, realizzando l’umano, costruisce pezzi di civiltà.