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Quanti infermieri ci sono in Italia oggi? Quanto guadagnano? E la libera professione?

Quanti infermieri ci sono in Italia oggi? Quanto guadagnano? E la libera professione?

Cerca di rispondere un’inchiesta del sito Quotidiano Sanità.

Qui e qui gli articoli in versione originale.

Proponiamo di seguito una sintesi dei contenuti.

La paga: grande variabilità. E non sempre guadagna di più chi fa di più

“Tra i pochi studi disponibil, quello di Carlo De Pietro, pubblicato nel Rapporto Oasi 2007 del Cergas-Bocconi (lo si puo’ scaricare da qui registrandosi gratuitamente al sito) . Analizzando dati del 2005, nelle strutture pubbliche si andrebbe, in media, dai 2.500 euro mensili per l’infermiere di pronto soccorso, ai 2.500-2.250 per infermieri di area critica, di area chirurgica delle degenze di area medica, ferristi e strumentisti, ai 2.250-2.000 per gli infermieri di ambulatori o day hospital.

Lo stesso studio registra anche un lieve slittamento verso il basso delle retribuzioni nelle strutture private: 2.500 euro mensili solo per gli infermieri di pronto soccorso, 2.500-2.250 euro per infermieri di area critica, ferristi e strumentisti, tra i 2.250 e i 2.000 per gli infermieri di degenza medica e di area chirurgica, poco sotto i 2.000 per gli infermieri di ambulatori o day hospital.

Attenzione però, le cifre medie mensili indicate, sono lorde (..). Oggi, cioè cinque anni dopo, le retribuzioni infermieristiche in busta paga vanno da 1.300-1.400 euro mensili fino ad un massimo di 2.500, per un infermiere che abbia raggiunto il massimo livello (Ds7) e abbia una posizione organizzativa di vertice”.

“I dati mostrano come alla crescita professionale non abbia corrisposto una crescita in termini di riconoscimenti economici ed è questo certamente motivo di malessere tra gli infermieri”.

“Anche la grande variabilità della retribuzione è un problema, visto che nella stessa struttura possono lavorare gomito a gomito professionisti con diversi trattamenti: dipendenti pubblici, membri di cooperative di servizio, assunzioni a progetto”.

In un’altra intervista, la Cgil, intervenendo su questo tema, afferma: “stiamo ragionando su un’idea di contratto che riconosca la tipologia di lavoro, per evitare che lo stesso lavoro, nello stesso posto abbia retribuzioni diverse”

La libera professione. Anche per gli infermieri dipendenti?

“Ci sono anche gli infermieri che svolgono la loro attività in forma di professione autonoma. Sono pochi, circa 10mila (…) Il loro tariffario è fermo al 2002, essendo intervenuta nel frattempo la legge Bersani”.

“La libera professione infermieristica per i dipendenti del Ssn è stata inserita nel ddl sul ‘governo clinico’ ipotizzando anche una libera professione infermieristica intramuraria”.

Il ddl è attualmente all’esame della Commissione competente alla Camera.

Quanti infermieri in Italia?

“Vent’anni fa in Italia c’erano circa 170mila infermieri, oggi sono più del doppio, 360mila, dei quali circa 270mila lavorano nel Ssn.

Eppure sono ancora pochi, visto che il rapporto da noi è di sei infermieri ogni mille abitanti, mentre la media Ocse è di 7 su mille. Secondo l’Ipasvi, la Federazione dei Collegi infermieristici, ne mancherebbero almeno 40mila, che difficilmente però saranno reperiti, visto che i 7mila laureati che ogni anno escono non riescono neanche a coprire il turn over fisiologico dei pensionamenti.

Una soluzione su cui si discute è quella di un affiancamento agli infermieri di altri profili lavorativi come gli Oss (operatori sociosanitari) o gli Ota (operatori tecnici dell’assistenza), che si occupino dell’assistenza “alberghiera” o di qualche incombenza burocratica, lasciando libere le risorse infermieristiche di dedicarsi propriamente all’assistenza dei malati.

Un’altra soluzione, già ampiamente praticata, è quella dell’inserimento di infermieri provenienti da altri Paesi, che già oggi rappresentano circa il 10% degli infermieri in attività. Sono presenti soprattutto nel Centro Nord (12%) e in misura minore al Sud (5%)”.

3 Comments

  1. buongiorno, sono una titolare di residenza protetta per anziani, io ritengo che ci sarebbe bisogno e basterebbe per la ns. tipologia di struttura un infermiere “geriatrico” cioè, dopo il diploma una specializzazione di un anno per imparare:
    – misurazione glicemia
    – iniezioni i.m.
    – cambio catetere uomo/donna
    – tecniche base di medicazione
    – primo soccorso
    – flebo
    Non ci serve un mega laureato …. in troppe situazioni.
    Per gli stranieri, purtroppo devo pensare dopo 16 lunghi anni di gestione che qualche diploma e/o riconoscimento lascia un po’ a desiderare. Cordialità. Antonella

  2. Add@ Antonella – è quello che penso anch’io, non ha senso tanto studio per poi compiere delle operazioni relativamente semplici. Alle statistiche credo sempre poco. io non penso ci sia tutto questo bisogno di infermieri stranieri, se è vero che molti infermieri italiani poi vanno all’estero. Gli italiani devono fare 5 anni ed invece loro arrivano con un diploma di 3 anni. secondo me è solo una questione di convenienza, perchè li pagano meno.

  3. Gentilissimi Antonella e Vincenzo, la problematica diffusa tra la nostra categoria è proprio questa..viene difficilmente riconosciuta l’importanza di una preparazione universitaria di eccellenza anche tra i colleghi della nostra stessa professione (purtroppo). Per fare quelle operazioni “semplici che Lei descrive , cara Antonella” serve poca preparazione , è vero, ma probabilmente sfugge il concetto che un infermiere super mega laureato come lo definisce Lei farà sempre quei lavori ma magari con un bagaglio culturale diverso e in grado di fronteggiare elementi avversi a una pratica semplice come un intramuscolo, magari con una visione più ampia e basi culturali più solide. Con tali basi più larghe potrà costruire un’esperienza certamente ai passi di altri colleghi d’oltralpe che tali percorsi universitari li hanno già compiuti da decenni. Puntiamo alto…è un dovere oltre che un piacere, rifiutatevi contro Voi stessi di pensarla troppo di comodo, perché tale posizione non sarà mai conveniente per nessuno…ne per noi stessi ne per il paziente in sé. Puntiamo dunque alto per avere una preparazione di più alto profilo, con possibilità di erogare performance lavorative eccellenti e possibilmente vedersi riconosciuti anche stipendi migliori. Si ricordi di essere un professionista…non si sottovaluti mai. Enrico


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