Mercoledì 11 febbraio 2015 la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Malato, che ha per tema Sapientia Cordis – “Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo” (Giobbe 29,15).
Nel suo messaggio per la Giornata, papa Francesco si rivolge non solo ai malati, ma anche a professionisti e volontari nell’ambito sanitario, a chi si prende cura di persone malate e fragili: che è esattamente quello che fanno ogni giorno migliaia di lavoratori e centinaia di volontari in tanti enti Uneba.
Anche per noi, dunque, sono di stimolo e di conforto le parole del Papa, che prendono spunto dal discorso in cui Giobbe ricorda il suo servizio alle persone più fragili,nei giorni in cui sentiva su di sé la protezione di Dio.
“Quanti cristiani – scrive Papa Francesco – anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere ‘occhi per il cieco’ e ‘piedi per lo zoppo’! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è questo!”
“Chiediamo con viva fede- si legge più avanti – allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla ‘qualità della vita’, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!”
Ancora. “Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. In fondo, dietro questo atteggiamento c’è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40)”.
L’invocazione finale nel messaggio papale: “Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore”.
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