Dobbiamo chiamarli disabili? Diversamente abili? Persone con disabilità? Handicappati?
Quali sono le parole giuste, più efficaci e rispettose, per definire alcune persone? Esistono parole giuste? Che differenza c’è tra deficit e handicap? E perché la sedia a rotelle è simbolo della condizione anche di chi riesce perfettamente a camminare?
Superabile Magazine propone sul tema un approfondimento, che potete leggere qui sotto o qui, proprio sulle “parole per dirlo”.
Persone che vivono su di sé questa condizione o che se ne occupano professionalmente o ambo le cose assieme, da Franco Bomprezzi a Massimo Cirri, analizzano i termini di uso comune, nel passato o nel presente:
- disabile, “un aggettivo diventato sostantivo”
- handicappato
- diversamente abile, termine buonista o svolta culturale?
- diversabile
- costretto su una sedia a rotelle, “l’archetipo dei luoghi comuni”
- deficit: non la malattia, ma il danno che ne deriva
- persona con disabilità, il termine usato dalla Convenzione Onu
- infelice
- matto, “una di quelle parole che innescano lo schema malattia=persona”
- non vedente, “ma tu sei qualcosa in più di quello che ti manca”
- non udente
- normodotato, “una definizione quasi lombrosiana”
- storpio
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