La Corte Costituzionale, con la sentenza 213 depositata il 23 settembre 2016, ha dichiarato illegittima la parte della legge 104/92 in cui “non include il convivente” tra i “soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado”.
Prevale, invece, il diritto della persona disabile ad avere tutela della sua salute psico-fisica. Dato lo spirito (ratio legis) della legge 104, è “irrazionale”, scrive la Corte, che non siano inclusi i conviventi more uxorio tra i beneficiari di permessi per l’assistenza.
Si è arrivati alla sentenza della Corte a partire dalla vicenda di una dipendente della sanità pubblica a cui erano stati prim concessi e poi negati i permessi (o meglio: gli era stato chiesto di recuperare le assenze) per l’assistenza del suo partner (ma non marito) malato di Parkinson.
Inps e Presidenza del consiglio dei ministri si erano invece opposti – per dirla in maniera semplice anche se approssimata – all’equiparazione tra coniuge, legato con matrimonio, e convivente more uxorio ai fini dei permessi ex legge 104.
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